Mercoledì 18 giugno 2025 su “la Repubblica” (edizioni Nord-Est e di Roma) è stato dedicato un ampio spazio all’associazione AIUCD (Le digital humanities raccontano il futuro), con interviste alla Presidente Marina Buzzoni e a Simone Rebora, membro del direttivo e chair del convegno AIUCD2025 che si è tenuto all’Università di Verona.
Ne proponiamo qualche stralcio:
Cos’è l’informatica umanistica, conosciuta anche come digital humanities o humanities computing? Si tratta di un ambito di studi nato dall’integrazione di procedure computazionali e sistemi digitali nelle discipline umanistiche.
L’Associazione per l’Informatica Umanistica e la Cultura Digitale, costituita a Firenze il 25 marzo 2011, è nata proprio con l’obiettivo di far conoscere questo settore emergente ma fondamentale per capire le trasformazioni del mondo attuale. Come indicato nel suo statuto, l’Associazione intende promuovere e diffondere la riflessione metodologica e teorica, la collaborazione scientifica e lo sviluppo di pratiche, risorse e strumenti condivisi nel campo dell’informatica umanistica e nell’uso delle applicazioni digitali in tutte le aree delle scienze umane, nonché favorire la riflessione sui fondamenti umanistici delle metodologie informatiche e nel campo delle culture di rete.
Tra le iniziative di AIUCD spicca il Gruppo Scuola, un gruppo di lavoro costituito da membri del direttivo e soci/e che ha come obiettivo il coordinamento di iniziative legate a progetti e attività di formazione e collaborazione dedicate a docenti e studenti delle scuole.
«Vogliamo far riconoscere le digital humanities come un ambito di ricerca con una propria dignità, supportato dalle università e riconosciuto dal Ministero come disciplina a sé, cosa che finora non è avvenuta. Siamo professori che arrivano da tanti ambiti diversi ma che convergono tutti sotto questo ombrello». Dopotutto, sottolinea Buzzoni, la strada da fare è ancora tanta: «Molti aspetti digitali non sono ancora presenti nella formazione umanistica, anche se sicuramente sono stati fatti dei passi avanti. Ma la strada da percorrere è ancora tanta. Penso ad esempio all’uso di piattaforme aperte non ancora diffuso. Ci sono stati dei miglioramenti sul versante della formazione, poiché le digital humanities ora sono state inserite in alcuni programmi di laurea, ma non in tutti. Tuttavia, non possiamo considerarci soddisfatti dei risultati raggiunti finora».